ἐσκίρτησεν. Esultare di gioia e poco. “Eschirtesen” scrive Luca. E la radice verbale è la stessa da cui ancora oggi viene il termine della danza greca, il sirtaki. Perciò è meglio dire che il bambino si mise a danzare e non si fermava più nel grembo. E con il bimbo danzano le madri.
Danzano senza tema di essere giudicate, come Davide danzò rivestito solo di efod davanti all’Arca dell’Alleanza. La sua sposa lo disprezzò e rimase sterile. Qui le donne sono felici, sono feconde, amano. Diversissime fra loro ma coinvolte dalla stessa avventura. Elisabetta non avrà più vergogna di essere la sterile per antonomasia.
Come ballano due ubriachi pieni di vino, qui Maria ed Elisabetta danzano perché stracolme di Spirito. Ridano e cantano come ubriacate dallo Spirito. Anche noi abbiamo bisogno di scatenarci un poco quest’anno così trattenuti, così sospesi, scettici e psicotici.
Che sensazione provano le donne quando sentono il bambino muoversi? Sembra di ricordare le parole del futuro santo, papa Luciani: “Dio è sì padre, ma di più! E anche madre!” Le sue viscere sono viscere di misericordia. E sente fremere dentro di sé l’amore per le sue creature.
Fra pochi giorni noi celebriamo questo. L’accadere. La realizzazione di ogni attesa. Le due donne sono pazze di gioia non tanto perché hanno capito che diverranno madri, gioia legittima per una donna, ma penultima… Hanno capito che attraverso di loro si verifica il mistero. Pagina teologica, dunque, non solo scenetta felice del vangelo di infanzia. Non solo un aneddoto bello da narrare e da ricordare.
Natale 2020. Natale un poco triste e trattenuto. No. Maria ed Elisabetta ci insegnano a non guardare solo alla vita di questo momento, alle nostre vicende personali. Se la vita del mondo è irta di problemi, se avvertiamo che vita nostra e degli altri è travolta dal dolore, minacciata dalla sofferenza… il Natale è qui a dirci che possiamo comunque danzare. Danzare perché Dio salva il mondo, ancora e nonostante tutto. E decidere di nascere ancora. Dio e noi.