Ieri Natale. Vita, gioia, speranza. Oggi è già tempo di martirio. Memoria di S. Stefano, morte, tristezza, dolore. Il protomartire vive la stessa esperienza di Cristo sulla croce. Vide i cieli aperti. Si abbandona al Padre. Riceve lo Spirito di verità.
Come a dire, se segno di contraddizione deve essere quel bimbo che nasce. Diciamolo subito. Il credente deve saperlo. Non si può rimanere indifferenti. Occorre prendere posizione. Nel racconto evangelico di oggi, dove il Maestro pare voglia preparare i suoi discepoli allo scandalo del martirio, c’è un’espressione che rasserena anche se responsabilizza.
Non dovete preparare la vostra difesa. Quando arriverà il vostro momento, lo Spirito vi dirà cosa fare, cosa dire, come muovervi. Mi ha sempre reso perplesso questo atteggiamento che solo in apparenza ha un sapore fatalistico.
Perché lo Spirito c’è davvero, anche oggi, anche se noi ce ne dimentichiamo troppo spesso. Mi ricordo che san Giovanni Paolo II, dedicando allo Spirito Santo l’anno 1998 (vi ricordate la preparazione al Grande Giubileo del 2000?) dichiarava che la presenza e l’azione dello Spirito supera le barriere del tempo e dello spazio.
E infine lasciatemi ricordare l’espressione citatissima dell’allora Arcivescovo di Milano, il cardinale Carlo Maria Martini, «lo spirito c’è, come al tempo di Gesù e degli Apostoli: c’è e sta operando, arriva prima di noi, lavora più di noi e meglio di noi; a noi non tocca né seminarlo né svegliarlo, ma anzitutto riconoscerlo, accoglierlo, assecondarlo, fargli strada, andargli dietro. C’è e non si è mai perso d’animo rispetto al nostro tempo; al contrario sorride, danza, penetra, investe, avvolge, arriva anche là dove mai avremmo immaginato. Di fronte alla crisi nodale della nostra epoca che è la perdita del senso dell’Invisibile e del Trascendente, la crisi del senso di Dio, lo Spirito sta giocando, nell’invisibilità e nella piccolezza, la sua partita vittoriosa».