C’è una testimonianza di Giovanni Bachelet, figlio del professor Vittorio assassinato dalle Brigate Rosse in un agguato presso l’università della Sapienza assai interessante. Parla di un testo di san Giovanni Paolo II intitolato proprio come questa definizione di Gesù, presa dal brano evangelico odierno: “Segno di contraddizione”.
Un prezioso libriccino libretto che raccoglieva gli esercizi spirituali predicati dall’Arcivescovo di Cracovia all’ormai vecchio Papa Paolo VI – era la primavera del 1976 – andato a ruba e subito ripubblicato. Vittorio Bachelet diceva che il titolo, tratto dalla profezia del santo vecchio Simeone davanti al bambino Gesù nel Tempio, era molto adatto all’Autore. Purtroppo, ebbe poco tempo per vederlo all’opera nel ruolo di Papa: morì all’inizio del 1980, a poco più di un anno dall’elezione di Wojtyla.
Giovanni, che si rese famoso per le parole di perdono durante i funerali di suo padre, si ricorda che qualche giorno dopo, alla Messa presieduta a San Pietro a suffragio della vittima del terrorismo, il nuovo Papa si avvicinò alla mamma, alla sorella e a lui. Mise la mano destra sulla testa di ciascuno e tracciò sulla fronte, col pollice, il segno della croce. Un gesto semplice e comune, ma in quel momento unico e perciò indimenticabile: era proprio lo stesso gesto con cui mio padre li salutava dicendo: “Il Signore ti benedica”.
Gesù, segno di contraddizione. Però anche la Chiesa, se è veramente testimone di Gesù, lo è. Lo deve essere per recuperare in credibilità.