Ancora il prologo di Giovanni. A me ricorda un volo d’aquila. Vangelo immenso l’incipit di Giovanni. Impedisce piccoli pensieri. Ti fa volare in alto. Non a caso Giovanni è stato rappresentato proprio da un’aquila nel corso dei secoli.
Brano che ti parla degli inizi e del “per sempre”. C’è come un’onda perpetua, come una cascata inarrestabile in questi versetti. Un flusso che ci alimenta e che non verrà mai meno. Qual è la novità? Eh, ineffabile…quasi. Che un frammento di Logos, di Verbo è venuto a metter su la sua tenda in ogni carne, ha immesso qualcosa di Dio in ogni uomo.
Ormai la terra e il cielo si sono abbracciati. Così in me non si capisce dove finisce il fango e dove inizia il puro del cielo. Sicuramente in quel neonato sono una cosa sola, perfetta. In me no, predomina la fragilità ed il peccato.
Ma raccontato così, in maniera diversa dalla perdita dell’Eden mi permette di tuffarmi in un oceano di tenerezza. Essa, la tenerezza si è fatta carne. È un volo altissimo, dà il capogiro. Solo un’aquila avrebbe potuto intuirlo.
Mi pare si possa affermare con infinita dolcezza che ora Dio non ha bisogno più di fango per plasmarmi, ma decide di farsi Lui bambino per me. E non finisce qui…!!! A quanti lo sanno accogliere, conferisce lo stesso potere… un’energia nuova, praticamente. Ci porta avanti. E lo farà sempre. La vera vita che diventa luce per gli uomini! Non so se mi spiego: è una cosa grandiosa! Veramente enorme! La vita, anche la mia che diventa luce. Capace di dire Dio. Dio accetta di specchiarsi anche nella pozzanghera della mia terra, dove può comunque riflettersi l’azzurro del cielo. È tutta un’altra storia che inizia da questo Natale.
E i cristiani cominciarono a contare i giorni e gli anni da questo Natale. A raccontare la storia in cui il Verbo era entrato. Da capogiro, come un volo d’aquila.