Nel Nuovo Testamento per ben 58 volte si usa il termine didàskalos di cui 48 proprio nei vangeli. Ed è applicato prevalentemente a Gesù. Il verbo da cui deriva è usato addirittura per 95 volte! Decisamente l’azione di Gesù era avvertita come tipica dei “rabbi” cioè coloro che erano riconosciuti per eccellenza “maestri” in Israele. Ebbene questo termine ricorre anche oggi. Gesù è seguito da due giovani che cercano di sapere dove abiti il maestro. Forse per andarlo a trovare. Per ripetere l’esperienza dell’incontro e dell’ascolto. Oltre a questa azione, il cercare, il vangelo parla anche di condurre altri dal maestro. È indicato come “Agnello”, animale mansueto che non ha unghie né fauci. Il Battista indirizza i suoi discepoli verso un maestro così.
Le prime parole di questo rabbi sono: “Che cosa cercate?” e in realtà quelli cercavano lui. Chi cerca il Verbo, non cerca cose… cerca Gesù. E anche la sottolineatura sulla dimora è importante: non semplicemente la abitazione. Ma il posto nel cuore di Gesù. Nella casa del Padre mio ci sono molte dimore…se no, ve lo avrei detto. Dirà un giorno.
È dunque un maestro autorevole, sebbene carpentiere. Giovanni lo chiama confidenzialmente “Maestro mio”, termine tecnico di chi era familiare col testo Sacro e quindi considerato “grande”. Proprio come maestro che deriva da magister (più grande).
Colpisce che in questi giorni natalizi ci venga proposto questo! Stiamo ancora contemplando il volto di Dio nel bimbo di Betlemme. Eppure oltre alla divinità di cui abbiamo parlato ieri, oggi ci viene mostrata anche la saggezza. Non a caso Gesù è la Sapienza stessa di Dio fatta carne.
Immagine: Mosaico della Cappella della Fraternità S. Carlo in Roma, p. M. Rupnik (part.)