Curiosa espressione quella presente nel vangelo di oggi “Galilea delle genti” e di non immediata espressione. Gesù sta per iniziare la sua missione e non sceglie Gerusalemme come luogo di partenza, come logicamente sarebbe stato ovvio: il centro. No, si reca a Cafarnao, che Matteo definisce con quella colorita titolatura.
La Galilea era a quel tempo luogo di forte immigrazione, uno spazio di incontro fra popoli, una provincia in cui era normale lo scambio tra culture e religioni differenti. Non sempre in pace.
Di fatto era chiamata anche “la via del mare”, una delle arterie principali (insieme alla via regia più a oriente) su cui scorrevano le carovane e transitavano gli eserciti: praticamente univa Asia, Africa ed Europa. Era abitata da molti pagani. Ed essendo oltre confine (hic sunt gentes!) era disprezzata dai giudei osservanti.
Ebbene di questi luoghi già Isaia profetizzava la presenza di una luce: Dio nella sua potenza anche da lì avrebbe potuto aprire la sua strada. La «Galilea delle genti» di cui parla il profeta vede una luce nel dono della Legge e nella Parola di Dio donata al popolo. L’evangelista Matteo ha appena finito di raccontare che in tale regione si presenta la Luce: è il Figlio di Dio, Gesù, il Maestro di Nazareth. Questi non soltanto visita la regione pagana, ma addirittura la sceglie come sua dimora. E quando Gesù decide di vivere a Cafarnao, nella «Galilea delle genti», inizia la sua missione non con un atteggiamento di diffidenza, di difesa o, ancor peggio, di condanna delle immancabili colpe di quella terra, ma con la benevolenza tipica di Dio.
Sceglie di stare in quel luogo, di abitarlo, camminando lungo le sue strade, prendendosi cura delle sofferenze e delle povertà degli uomini. Invita così tutti i suoi discepoli a guardare la realtà da una prospettiva diversa, insistendo prevalentemente non sulle cattiverie e sulle tenebre, ma sulle potenzialità, sulle ricchezze che provengono proprio da quel luogo di incontro e dialogo tra tante culture.
Attualissimo.