Ricordo un’espressione del mio grande maestro, il card. Ravasi: “La vocazione di Abramo è, infatti, delineata secondo uno schema quasi “militare”. Un ordine, espresso col verbo ebraico halak, “andare”, «Vattene! »; un’esecuzione pronta e senza obiezioni – come invece accadrà per altre vocazioni importanti (ad esempio, quelle di Mosè e Geremia) – espressa con lo stesso verbo halak, «Abram andò come gli aveva ordinato il Signore» (Genesi 12,1.4)”.
Ecco: il brano del vangelo di oggi mi ha rammentato la descrizione dei vari tipi di vocazione narrati dalla Sacra Scrittura. Qui più che pescatori, i primi chiamati mi paiono dei soldatini che dicono: “Signorsì, Signore!”
Non è ironia. È proprio stupore il mio, di fronte a questo racconto. Al comando: “Venite, vi farò pescatori di uomini…” corrisponde un subitaneo e sciolto consenso.
Nella realtà forse non è così. Almeno la mia. Ricordo che i primi piccoli segni di chiamata li ebbi verso la quarta elementare. Ma cosa volete che ne sappia un bambino? E poi di anno in anno il rinvio. La preadolescenza e la adolescenza sono periodi già di per sé molto travagliati, figuratevi se un ragazzino dà spazio al Signore che chiama. Erano infinite le obiezioni.
Finché arriva il giorno in cui ti fermi e dai credito a questa forza che c’è in te. La famosa voce diventa a poco a poco impulso che non puoi più mettere a tacere. E così attorno ai vent’anni, anch’io ho lasciato le mie reti e ho deciso per il “Si”.
Vedete dunque che la mia vocazione non è stata di tipo “militare”: a comando, risposta. Marco qui invece insiste sul “subito”. È l’urgenza dell’annuncio.
Io penso che ogni giovane educato cristianamente, almeno una volta in vita, a questa domanda debba sinceramente rispondere e quanto meno, prenderla in seria considerazione. E se il Signore chiamasse te?