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Lo schiacciavano

schiacciavano

Della pericope proposta oggi mi colpisce un verbo: θλίβωσιν. I discepoli devono tutelare Gesù perché ormai la sua fama si è diffusa molto. I suoi miracoli attirano un sacco di persone alle quali si sottrae per ritrovare un po’ di pace e soprattutto perché sopravviva incolume al pigia pigia che si crea al suo passaggio. Gesù desidera una barca che possa consentirgli di parlare alla gente dal lago senza essere travolto.

Il verbo indicato sopra, infatti – schiacciare – significa proprio questo: un pigiare come si pigiano gli acini d’uva nel tino. Per altre accezioni nel greco antico si usava questo verbo, per indicare per esempio una strada piena di gente, l’essere a stretto contatto con una persona, oppure metaforicamente veniva usato anche per persone o situazioni pressanti, pesanti, angoscianti, assillanti…segno di tribolazione interiore.

A me piace di più la prima. Immaginare un Gesù che non si risparmia, che è divorato dalla voracità dei bisognosi, che è stremato alla fine delle sue giornate. E questo Cristo schiacciato mi ricorda tanto il “torchio mistico”, iconografia rarissima nell’arte cristiana.

Quando per tre anni fui vicario all’Incoronata a Milano in corso Garibaldi, pregavo spesso davanti a questo capolavoro del Bergognone eseguito alla fine del quattrocento e conservato in alcuni lacerti, nella prima cappella di sinistra entrando nella famosa chiesa del Filarete. L’affresco raffigura Cristo schiacciato in un tino da un torchio che in realtà è la Croce. In un cartiglio la profezia di Isaia riguardo alla passione del Messia. Evidenzia la solitudine del Nazareno: “da solo vengo pigiato nel torchio” (Is 63). E dal tino sgorga il vino nuovo della grazia raccolto dai quattro dottori della chiesa, ma distribuito a tutti attraverso il ministero dei laici. Il riferimento è chiaro all’Eucaristia e alla vita della Chiesa che ne scaturisce. Teologia modernissima, e siamo nel XV secolo!

Nel brano di oggi Gesù si difende dalla sua stessa popolarità poiché non è ancora giunto il momento della sua morte. Ma l’allusione è evidentissima.

Don Massimo

Don Massimo

Parroco della Parrocchia di San Gerardo al Corpo

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