tenda

Seconda domenica di Quaresima. Vangelo della Trasfigurazione. Fra tutte gli elementi di cui è ricco il brano di oggi, io mi concentro solo su una parola presente in Lc 9, 33: σκηνή. Pietro e gli altri due sono gravati dal sonno. Siamo di notte. Il brano parallelo a questo della Trasfigurazione è quello dell’agonia di Gesù nell’orto, dove Gesù prega. È un momento forte. Infatti Gesù vuole con sé i soliti tre: Pietro, Giacomo e Giovanni. Però qui non si addormentano certo, al contrario tengono gli occhi ben aperti. È una pagina di grande rivelazione. Gli capita una cosa proprio bella. E lo dicono: “Maestro, com’è bello!” Sembra quasi di essere al momento della creazione, quando Dio avendo fatto tutto, si ferma e vede che era bello! Cosa molto buona.

Vedono la gloria di Dio. E non muoiono, anzi. Per loro è un anticipo della vita eterna che già ora s’intuisce e si vive nella preghiera e nell’Eucaristia. È la speranza di Gesù: prepararli alla Passione e alla Morte di croce. Qui dunque è bello! Altrove è brutto, e non si può stare. Altrove siamo fuori posto; solo davanti a questa bellezza possiamo stare perché noi siamo creati a immagine somiglianza di questa e davanti a questa siamo la stessa sua Gloria, riflessa sul nostro volto.

Quando ero piccolo ho assistito al grande cambiamento dell’altare di Carate, mio paese nativo. Il card. Saldarini (nostro amatissimo parroco don Giovanni) lo volle nuovo e il tabernacolo di marmo – bellissimo – aveva (e lo ha tuttora) forma di tenda. Sul basamento in tre lingue: italiano, latino e greco, volle questa scritta: “…et habitavit in nobis”. Pose la sua tenda in mezzo a noi! Quanto era bello per me servire messa e fissare quella scritta in greco, allora per me incomprensibile ma tanto affascinante!

Per me era bello servire Gesù.  Ma crescendo, soprattutto nel tempo del seminario, mi educarono a stare attento. A volte può diventare una fuga. Papa Francesco lo dice sempre. Non rifugiatevi sugli altari e nelle sacrestie! Uscire, uscire e tornare in mezzo all’altra gente che ha bisogno della nostra testimonianza.

Pietro commuove per il suo slancio: “Faremo tre tende!” si vede che sentiva già la vocazione a costruire chiese e cattedrali in pietra. Solida roccia. Ma la tenda è tutt’altro che solida. Ti protegge poco. Ti consente di passare la notte. Ma all’alba devi tirare su i paletti, arrotolarla e proseguire il tuo cammino.

Insomma: “tenda” dobbiamo esserlo noi! Bisognerà far sì che noi diventiamo tenda. Scusate, di Pietro si
dice che non sapeva quel che diceva, straparlava. Ma secondo me è normale, quando hai una gioia indicibile nel cuore. L’importante è non trattenerla. Scendere a valle e raccontarla.

 

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Don Massimo

Parroco della Parrocchia di San Gerardo al Corpo

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