Del brano della Ascensione proposto oggi, sempre nella logica delle “parole poverelle”, recupero questo termine. Luca usa al passivo il termine tipico di chi indossa un abito. Innumerevoli sono i riferimenti biblici. Vengono in mente le condizioni dell’annuncio dettate da Gesù a chi inviava in missione. Non indosserete due tuniche…ne basta una! Ma là e altrove l’azione è dell’individuo, del soggetto. Qui viene usato il passivo.
Dopo questo evento pasquale, voi dovrete attendere. Apparendo Gesù aveva donato loro già tutto quello che poteva essere donato. Il dono del Risorto infatti è il suo Spirito. I discepoli però devono restare in città e attendere. Che cosa manca ancora dopo la gioia della Risurrezione? Perché non possono già partire come apostoli? Devono forse scontare qualche pena, qualche castigo per la loro condotta… Non pare.
Se la paura li ha bloccati in casa, non sarà l’euforia della novità a tirarli fuori da lì. Più verosimile sia psicologicamente che pastoralmente è un’altra indicazione che viene spontanea. Per chi desidera portare l’annuncio pasquale non come possesso proprio ma come dono e riscoprirsi solo strumento nelle mani del Signore è necessario un tempo di apprendimento, di educazione del cuore e maturazione del mandato missionario. Il Signore in realtà sta donando loro il tempo necessario per fare ciò che ora conta davvero: stingersi come comunità nella preghiera e nel suo nome. Riuniti nel suo nome (Mt 18,20), ricorderanno le sue parole (Gv 14,26), ripeteranno i suoi gesti (Gv 13,15) ed egli sarà presente per sempre (Mt 28,20).
Quanto siamo distanti noi che non ci prepariamo più né con la preghiera, né con la catechesi, né con l’ascesi. Sarà per questo che i frutti tardano sempre ad arrivare?