Ci sono molti detti di Gesù che confluiscono nel brano del Vangelo di Luca che la chiesa ci propone oggi nella liturgia domenicale. Forse troppi. Dietro al tema della vergogna che un invitato prova quando viene declassato, c’è ancora tutto il rimprovero di Gesù per l’ipocrisia che trova nelle case di chi lo invitava per mettersi un fiore all’occhiello e non per convertirsi alla sua parola.
A me una volta è capitata una vergogna al contrario. Mi trovavo nell’Aula Nervi per l’udienza con papa Benedetto. Mi ero recato a Roma per organizzare un evento e invitare in parrocchia alcune persone eminenti. Ero in Aula Nervi e mi trovavo vestito da monsignore. Ma ero in mezzo alla gente, fra migliaia e migliaia di persone. Ad un certo punto un addetto alla accoglienza mi scorse, si precipitò verso di me e chiamandomi con sussiego “Monsignore”, mi fece uscire dal mio posto e mi accompagnò in prima fila. In quella camminata divenni tutto rosso dalla vergona e mi dissi: “Ecco, chissà chi penseranno chi io sia!”. E ci rimasi male al contrario.
Il brano di oggi invece è tutto concentrato su cosa comporta essere discepoli veramente, non in apparenza. Su come ci vuole Gesù, insomma. E alla fine lo dice, nonostante tutte le immagini del calcolo e della prudenza. Vuoi essere coerente e portare a termine il tuo progetto? Devi allontanare da te tutto ciò che lo ostacola. Solo alla fine della complicata pericope, si dice qual è la condicio sine qua non….Sai cosa ti manca per essere mio discepolo? Ti manca una cosa: hai troppe cose. Devi rinunciare a quello che hai. La tua forza è la povertà, è la forza dell’amore; il povero da sé stesso, Dio da sé stesso. L’unico calcolo è aver nulla perché se hai qualcosa ti difendi, hai le armi del nemico e non lo batti.
Il “monsignorato” dopo pochi anni lo persi. E anche quello fu un insegnamento per la mia vita. Calcolare la spesa. In realtà Gesù non vuole persone “calcolatrici”, forse si accontenta di persone credibili. Umili, concrete, realiste… che gli altri non potranno deridere, ma solo ammirare.
Ricordando il disagio provato nell’Aula Nervi quella volta, quando mi degradarono provai addirittura un…sollievo.