La salvezza e la grazia barattata per un capretto. Scandalosa sproporzione. In questa domenica alla messa abbiamo ascoltato per l’ennesima volta le parabole della misericordia: una dracma perduta, una pecorella smarrita, due figli improbabili…sono le occasioni paraboliche per parlare dell’amore di Dio, fin dove si spinge l’amore di Dio. Fino al grottesco. Fino al rischioso. Fino all’oltraggio. Grottesco perché non si spiega tutta ‘sta festa per una monetina ritrovata. Se perdo un venti centesimi, sì rimprovero a me stesso di essere poco attento ma non vado in depressione. Se ho ancora novantanove pecore, il mio gregge è capace ancora di riprodursi in fretta e mi dimenticherò presto della perdita. Se vengo oltraggiato da entrambi i miei figli, uno mi considera già morto e l’altro non mi considera per niente un padre…
Ecco a fronte di un clima così, voglio recuperare questa immagine poveretta che non è al centro del brano di oggi, che rischia di essere appunto marginale…ma che se viene presa in considerazione dice molto.
E cosa dice? Dice tutto il nostro modo sbagliato di relazionarci con Dio. Come se fosse un datore di lavoro, come se fosse uno col quale i conti devono tornare sempre, come se fosse uno davanti al quale dobbiamo rivendicare le nostre…buone azioni, i nostri meriti. Ecco la sproporzione. Che meriti abbiamo davanti a Dio?
Noi davvero ci potremmo sentire sereni perché in tutta la vita siamo stati buoni e giudiziosi – cristiani della prima ora – che invece di essere felici e gioiosi, siamo sempre pronti alla critica anche verso Dio, meritandoci il rimprovero: “Ma perché sei invidioso perché io sono buono? Non posso fare delle mie cose quello che voglio?”
Non stiamo tutta la vita nell’attesa di un capretto per far festa con gli amici… se ne abbiamo bisogno, chiediamoglielo! Egli ce lo darà.
Tutto ciò che è mio è tuo.