Il Vangelo delle piccole cose che mi piace commentare mi porta a soffermarmi su un termine presente nel brano di oggi: Χάσμα. È la parabola famosa detta “del ricco epulone”. L’accattone Lazzaro è trattato peggio dei cani randagi. Solo loro andavano a leccargli le ferite.
Quando il ricco disumano finisce all’inferno a patire, prova un moto di carità verso fratelli e parenti (che evidentemente si comportavano come lui) perché vuole – come dire – salvarli!!
Ma gli viene risposto che non è più possibile avvertirli perché dalla terra dei morti non si è mai visto nessuno tornare. E qui si usa appunto la parola: abisso. Una voragine, un vuoto, un senso di vuoto, un non-senso.
Il messaggio è chiarissimo. Senza amore, senza attenzione, senza rispetto l’uomo perde ogni sua dignità, perde il senso. Diventa bestia. Anzi peggio delle bestie, perché i cani hanno più compassione.
Ebbene, andando a svogliare il vocabolario del greco antico, ho trovato che tale termine usato per indicare l’abisso del non senso, da cui non si torna, che ci separa nettamente da Dio insomma… suona molto simile al vicino termine: sbadiglio.
Dio che sbadiglia. Dio che ha noia per l’uomo quando non è più uomo. Mi intriga di più (e mi spaventa) che l’immagine della fiamma, della arsura, dell’inferno che la tradizione ci consegna per dire la radicale lontananza e la perdita della comunione.