È iniziato l’Avvento. Ce ne siamo accorti? Secondo me, no. O meglio, ci accorgiamo che sta per arrivare Natale da mille altre cose. Ma dalla provocazione liturgica, no. Le prime pubblicità “natalizie” sono apparse in TV a metà ottobre. Non era ancora stato festeggiato Halloween. È una inesorabile macchina tritatutto il consumismo. Se non ci badiamo, tritura anche noi!
E allora il mio commento al vangelo delle piccole cose oggi recupera proprio un piccolo termine: pula. Urla il Battista nel vangelo di Matteo: “Netterà interamente l’aia sua, e raccoglierà il suo grano nel granaio, ma arderà la pula” (3,12). Il precursore prepara la strada ed usa immagini molto forti. E infatti questa illustrazione utilizzata dal predicatore colpisce in profondità. Rimanda al metodo che usavano i contadini. I covoni di grano venivano raccolti nell’aia e calpestati dai buoi per separare i chicchi dalla pula. Quindi non di paglia stiamo parlando, come in alcune traduzioni. Ma di pula. Dopo aver calpestato il grano iniziava il processo della vagliatura: la pula veniva soffiata via ed il grano che restava sull’aia era pronto per l’uso. Successivamente, il grano veniva ammassato e la pula raccolta e bruciata.
Sono grosse provocazioni. Si parla di ciò che contamina la purezza del grano. Si parla di discernimento, di separazione, di giudizio. Si parla di quella inconsistenza di alcuni nostri gesti, parole ed atteggiamenti così vacui, così leggeri, così inutili, così senza senso che basta un soffio di vento per essere spazzati via… per non parlare del fuoco che a tutti evoca le fiamme dell’inferno.
All’inizio dell’Avvento, cari amici, allora facciamo così. Capiamo che chi si pente davanti a Dio, coloro che ancora credono e si mettono in cammino, sono come il grano, ma chi alla fine arriverà al Natale superficialmente, senza conversione senza impegno è simile alla pula. Occorre riconoscere uno sguardo rigoroso: lo stesso soffio che pulisce il grano, porta via la pula. Cosa siamo noi, grano o pula? Evidentemente, il nostro destino eterno dipende da ciò che siamo, dobbiamo quindi essere certi della nostra reale identità. C’è una grande differenza fra il grano e la pula. Il grano in sé ha la vita, i chicchi di grano seminati a terra crescono e consentono un raccolto. Il grano è nutrimento, da esso si ricava il pane che sazia la fame. Il grano è prezioso. La pula non ha vita in sé, non cresce, e nel terreno non può che marcire.
Non è cibo, non sazia, non ha alcun valore, ed è buona soltanto per essere gettata via o bruciata. Quale di queste descrizioni si adatta meglio alla nostra vita? Che cosa c’è di più triste a questo mondo di una vita umana, fatta per essere grano dorato, per saziare la fame degli uomini, ma che in realtà dimostra di essere solamente pula senza valore? Fatti per essere figlioli di Dio, eredi della gloria, e per vivere per sempre fra le benedizioni celesti, ci escluderemo dalla nostra alta vocazione e, per la nostra mancanza di fede o per follia, condanneremo noi stessi ad essere spazzati dall’ira divina in un fuoco inestinguibile?
L’Avvento 2022 ci aiuti a rispondere a tutto ciò.