C’è una bella differenza fra finire e compiersi. Qui non si dice che il giorno finisce, termina…ma che si compie. Non è solo questione del tempo che passa. Implica l’eternità. Portati a compimento gli otto giorni… Tempo che non si consuma, che si riempie. Di significato. Ha uno scopo. Andare verso una meta è tutt’altro che finire, scomparire…significa esserci, raggiungere l’obiettivo! Circoncidere il piccolo Gesù dunque non è solo il rituale per adempiere la legge di Mosè, è adempiere l’Alleanza in eterno. Abbiamo raggiunto quel tempo in cui l’Alleanza non si spezzerà più. Si compie in maniera definitiva. La promessa è stata mantenuta. Quanto è stato promesso, solo con Gesù si è realizzato.
Finalmente Colui che non ha un nome, che non puoi nominare, ha un nome e lo posso chiamare: Gesù. Per la Sacra Scrittura imporre un nome significa che le fai essere veramente. Quella persona esiste per te, ma anche per sé, perché se nessuno mi chiama non ho nome, non ho identità. È questa la gioia di uno che si sente chiamare per nome…
Com’è impersonale quando non conosci il nome di una persona. Non sai come chiamarla.. ehi, tu… Senta Lei… Scusi signore…? Al contrario avete mai avuto la sorpresa quando un bambino vi chiama per la prima volta per nome? Vi sembra di esistere, di nascere,
esistete per lui!
Abbiamo celebrato il Natale. Ora Dio finalmente esiste, ha un nome, lo posso chiamare
per nome, quindi posso avere una relazione con lui. E pensate anche alla gioia di Dio stesso: finalmente gode di poter essere chiamato per nome, di poter esistere per noi.
E questo nome è il centro del Cristianesimo: “Dio salva!”
E il bello è che questo nome non è esclusiva di nessuno. Chiunque lo può pronunciare.