Nel brano del Vangelo c’è un dettaglio che mi colpisce: tra i servi, Gesù valorizza la figura del portinaio. Il portinaio della casa può rappresentare il ministro ordinato, il vescovo con i suoi preti e i suoi diaconi, a custodia della casa del Signore. È il compito speciale della custodia dell’essenziale della predicazione apostolica sul Cristo, consegnata agli apostoli, trasmessa dagli apostoli ai vescovi loro successori, i quali svolgono la loro funzione di portinai aiutati dai preti e dai diaconi. Sulla porta di casa di solito si mette il nome del proprietario della casa. La porta è il segno visibile del Cristo proprietario della casa / comunità, in attesa della sua venuta finale e definitiva, che abbiamo ricordato domenica passata. Il suo nome inciso sulla porta è un duplice ma unico segno, vivo e vero, di cui sono rappresentanti i presbiteri insieme ai diaconi come portinai a nome del vescovo: la presenza viva e vera del corpo e sangue del Signore Gesù nelle specie del pane e del vino che, una volta riconosciuta e accolta, richiede di essere riconosciuta, amata e adorata nella carne dei poveri. Si perché siamo chiamati ad adorare la presenza viva e vera del Cristo nell’affamato, nell’assetato, nel forestiero, nell’ammalato, nel carcerato, nel moribondo.
Vigilare è affidarsi alla grazia del dono dello Spirito Santo in noi che ci apre a Cristo presente nell’Eucaristia e nei servi sofferenti, affinché facciamo del nostro essere cristiani il luogo dell’esperienza dell’unità nella carità, in attesa della sua venuta. Vigilanza è infine attesa.