Per il vangelo delle piccole cose, oggi mi concentro su un verbo soltanto. Sta scritto che l’angelo entrò da lei. Entrando, dove? Si usa εἰς e ἔρχομαι, preposizione di moto a luogo, tipo… verso, in… e poi, appunto, il vero e proprio verbo del movimento.
Diverse accezioni interessanti si accompagnano. Nel greco antico si usava per l’entrare e l’uscire di uomini o di animali per esempio, verso una città, una casa, una stalla. Oppure più inquietante quando un essere soprannaturale prendeva possesso del corpo e dell’anima di una persona. E infine era il muoversi di cose, tipo il cibo che entra nello stomaco ecc.
Poi c’era l’accezione metaforica. Quando uno diventava povero e mutava condizione sociale o occupazione. Una sorta di entrata in essere, venire a costituirsi, cominciare a vivere, esistere. Oppure ancora designava acquistare importanza di persone nella società, presentarsi davanti al pubblico, sostenere lo sguardo di una grande assemblea. Anche, semplicemente, nascere. A volte si usava anche quando ti entravano nella testa alcuni pensieri. Quando ti viene in mente qualcosa…
Notate appunto che l’angelo della Annunciazione entra. Entra da lei e alla fine si dice che “esce”, partì. Dunque entra perché era fuori. Io penso che la grande abilità di Maria è stata lasciare entrare il Signore nella sua vita. Non fu un parto della sua mente. Una auto suggestione, non so come dire… Infatti l’altro, ti piaccia o no, non lo puoi dedurre dai tuoi ragionamenti; è fuori di te, entra se lo lasci entrare. Entra se lo ascolti. Non ti puoi inventare quel che dice l’altro, altrimenti proietti su di lui le tue paturnie e non impari niente, impari quello che sai tu, che vuoi imporre. Entra, è una proposta dell’altro. Maria si è lasciata fare.