Oggi per il vangelo delle piccole cose recupero l’icona di Do come vignaiolo. E delle tante attività di un agricoltore, il testo ne sottolinea una in particolare: il taglio, la potatura. Ogni tralcio improduttivo viene eliminato, mentre i tralci fecondi ugualmente necessitano di un taglio di potatura, affinché si rafforzino per produrre più frutto. Dio vuole che portiamo frutto. Ma quale?
Innanzitutto continuiamo a contemplare il volto di Dio Padre che vuole per noi la fecondità della vita e delle nostre persone. Ma poi l’aspettativa del Signore è precisa: «ogni tralcio che in me» non porta frutto: in me, cioè in rapporto alla relazione che ognuno ha con Gesù.
Ecco qua la reale constatazione di un’amara possibilità: essere discepoli sterili, improduttivi, insignificanti. Discepoli per i quali la relazione con Gesù e l’incontro con lui non cambiano la vita, non la accendono di passione, di capacità di contagiare e attrarre altri. Che tristezza essere cristiani infruttuosi!! È certo che il Padre li taglierà via dalla vite.
D’altra parte per chi è esperto…si sa che c’è pure la necessità di essere potati per portare frutto. È necessario e proficuo potare la vigna! Questa potatura è un essere messi alla prova, essere testati, lungo il cammino della vita, per saggiare lo spessore, la profondità, l’autenticità della nostra adesione di fede a Gesù. Il testo originale utilizza una stessa radice lessicale che in italiano viene tradotta in due modi diversi nei v. 2 e 3: potare e purificare. Essere potati, allora, significa essere purificati. Questa purificazione avviene mediante la Parola che Gesù ha annunciato e che il vangelo ci trasmette. Attraverso la Parola del vangelo Dio Padre purifica, pota, mette alla prova il nostro cammino affinché possiamo portare frutto.
Fa niente se la vigna pare che pianga… Lacrime sante, direbbe papa Francesco.