Da piccolo pensavo che il nome proprio del ricco fosse Epulone (sic!). Poi mi sono accorto che invece era la qualifica pessima con cui viene definito nella parabola di oggi. Gesù chiama per nome solo povero: Lazzaro. Dunque, il ricco della parabola non ha un nome, è definito da ciò che mangia, da ciò che possiede, dal suo palazzo, dalle sue vesti.  Il racconto lo dipinge con tre pennellate: è ricco, veste di porpora e bisso, banchetta lautamente tutti i giorni. In Esodo 39 è descritto Aronne, fratello di Mosè con tutti i suoi splendidi vestiti e la porpora con il bisso, la seta del mare, sono citate parecchie volte. Quindi Luca se ne intende anche di moda! È volutamente esagerata in negativo questa descrizione. Il ricco è preoccupato solo di sapere cosa mettere sotto i denti, giorno per giorno, per arrivare al giorno successivo, era il problema principale, all’epoca. Raramente la gente comune non sempre aveva di che mangiare ogni giorno. Quel ricco, invece, festeggia tutti i santi giorni. È lui la misura del calendario. Lui decide che è festa. Ogni giorno per lui è festivo, e organizza un lauto banchetto. Questa cosa ha talmente colpito l’immaginazione delle prime, affamate comunità cristiane che il banchetto, epulæ in latino, è diventato il carattere distintivo del ricco: epulone, cioè banchettatore, vorace, mangiatore, gaudente. Gesù era un rabbi che amava i banchetti, come dice Enzo Bianchi. E anche a me piacciono. Ma si capisce bene che qui la festa si tramuta in tragedia. L’epulone è tragicamente sazio, oserei dire fino al vomito, alla nausea! Si compiace del fatto che lui è il Signore della sua vita. Non viene descritto come una persona malvagia, non è un brigante, è “solo” solo. Al centro di tutto. È ricco: una condizione rara, allora come oggi. Ma il testo non si sofferma sulla sua condotta morale: non si dice se sia un credente o meno, né se sia una persona corretta, se abbia fatto i denari col malaffare. Forse sale al tempio qualche volta durante l’anno, versa una lauta offerta facendosi ammirare e ricevendo le lodi dei sacerdoti di turno. Veste di porpora e di bisso, che è un lino egiziano pregiato. Ancora oggi c’è una signora in Sardegna che tiene vive la delicata e antica tradizione del bisso, la seta del mare! Preziosissima e costosa. La porpora è una tintura che si otteneva grazie a molluschi speciali che vivono nel Mar Rosso e nell’Oceano indiano. Ne servono migliaia per tingere la stoffa e l’uso della preziosissima porpora era inizialmente riservato agli imperatori, ai sacerdoti e, solo in età imperiale, ai ricchi per sfoggiare le loro possibilità economiche. Il ricco, banchettando, ostenta tutta la sua opulenza. È imperatore del suo mondo. Come a volte accade anche a noi che magari non siamo dei nababbi, ma nel nostro piccolo ci sentiamo pontefici e re. E spessissimo pontifichiamo su tutto e su tutti.

…che il Signore abbia misericordia…